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Crea parenti, crea parenti, 2021

Matthew Plummer-Fernández

di

Sono da tempo affascinato dall'uso di strumenti computazionali per rappresentare o ispirare altri luoghi ed ecologie, sia reali che immaginari. Nella mia precedente serie "Cave Paintings", ho utilizzato generatori di immagini basati su prompt di intelligenza artificiale, da me autoassemblati, per creare paesaggi sotterranei che sfumavano la distinzione tra natura e cultura, fondendo il pop del mondo moderno con elementi naturali. Le pareti rocciose di queste grotte sembravano curiosamente scolpite in forme riconoscibili, non associate a caverne, generate dalla memoria del mondo umano e della cultura su cui il software era stato addestrato. Questo nuovo progetto amplia ulteriormente il mio lavoro e reinventa la creazione di immagini generate dall'intelligenza artificiale come un processo collaborativo che coinvolge l'ecologia locale e la fauna selvatica del mio giardino. Il giardino non è mai completamente selvaggio, né completamente gestito dall'uomo, è di per sé una cooperazione continua per creare un ambiente più ospitale sia per gli umani che per le altre specie, che implica una negoziazione dei bisogni. Le opere d'arte vengono generate fotografando le diverse piante e animali del giardino, utilizzando questi come spunti per guidare il processo di creazione delle immagini, insieme alle mie richieste scritte e alle opere d'arte precedenti come spunti. Il processo di intelligenza artificiale deve quindi trovare un compromesso e generare immagini che soddisfino entrambi gli obiettivi. Le immagini risultanti appaiono composte da elementi che evocano di tutto, da pietre a steli, da arte topiaria a gallerie, da felci a volti, da fossili a oggetti trovati. L'intelligenza artificiale è volutamente limitata nella sua capacità di risolvere l'immagine, astraendo i risultati e impedendone la categorizzazione. Inoltre, questa serie utilizza shader per animare i risultati, suggerendo che flussi di informazioni si interconnettono e si propagano attraverso tutti gli elementi dell'assemblaggio. Nel mio progetto Make Kin, Make Kin, faccio riferimento all'appello provocatorio di Donna Haraway a "creare parenti, non bambini", suggerendo che una risposta urgente alla perdita di biodiversità sia quella di ampliare con immaginazione la nostra comprensione delle persone di cui ci prendiamo cura, includendo anche i non umani. In questo modo, ci prenderemo cura delle altre specie come se fossero una famiglia allargata. Il titolo sovverte anche la premessa del libro distopico "Make Room, Make Room", che metteva in scena i timori di una crescita demografica incontrollata, per reimmaginare un futuro caratterizzato da un'impennata di biodiversità e da una parentela più che umana. Questo progetto è tanto una performance in corso quanto una serie di risultati, in cui il processo artistico mi spinge a promuovere una connessione più profonda con l'ecologia locale e a essere più attenta ai coabitanti di un giardino condiviso.

Sono da tempo affascinato dall'uso di strumenti computazionali per rappresentare o ispirare altri luoghi ed ecologie, sia reali che immaginari. Nella mia precedente serie "Cave Paintings", ho utilizzato generatori di immagini basati su prompt di intelligenza artificiale, da me autoassemblati, per creare paesaggi sotterranei che sfumavano la distinzione tra natura e cultura, fondendo il pop del mondo moderno con elementi naturali. Le pareti rocciose di queste grotte sembravano curiosamente scolpite in forme riconoscibili, non associate a caverne, generate dalla memoria del mondo umano e della cultura su cui il software era stato addestrato. Questo nuovo progetto amplia ulteriormente il mio lavoro e reinventa la creazione di immagini generate dall'intelligenza artificiale come un processo collaborativo che coinvolge l'ecologia locale e la fauna selvatica del mio giardino. Il giardino non è mai completamente selvaggio, né completamente gestito dall'uomo, è di per sé una cooperazione continua per creare un ambiente più ospitale sia per gli umani che per le altre specie, che implica una negoziazione dei bisogni. Le opere d'arte vengono generate fotografando le diverse piante e animali del giardino, utilizzando questi come spunti per guidare il processo di creazione delle immagini, insieme alle mie richieste scritte e alle opere d'arte precedenti come spunti. Il processo di intelligenza artificiale deve quindi trovare un compromesso e generare immagini che soddisfino entrambi gli obiettivi. Le immagini risultanti appaiono composte da elementi che evocano di tutto, da pietre a steli, da arte topiaria a gallerie, da felci a volti, da fossili a oggetti trovati. L'intelligenza artificiale è volutamente limitata nella sua capacità di risolvere l'immagine, astraendo i risultati e impedendone la categorizzazione. Inoltre, questa serie utilizza shader per animare i risultati, suggerendo che flussi di informazioni si interconnettono e si propagano attraverso tutti gli elementi dell'assemblaggio. Nel mio progetto Make Kin, Make Kin, faccio riferimento all'appello provocatorio di Donna Haraway a "creare parenti, non bambini", suggerendo che una risposta urgente alla perdita di biodiversità sia quella di ampliare con immaginazione la nostra comprensione delle persone di cui ci prendiamo cura, includendo anche i non umani. In questo modo, ci prenderemo cura delle altre specie come se fossero una famiglia allargata. Il titolo sovverte anche la premessa del libro distopico "Make Room, Make Room", che metteva in scena i timori di una crescita demografica incontrollata, per reimmaginare un futuro caratterizzato da un'impennata di biodiversità e da una parentela più che umana. Questo progetto è tanto una performance in corso quanto una serie di risultati, in cui il processo artistico mi spinge a promuovere una connessione più profonda con l'ecologia locale e a essere più attenta ai coabitanti di un giardino condiviso.

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